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L’architettura funeraria prenuragica: le domus de janas

Costituiscono la testimonianza più diffusa del Neolitico Recente nell’Isola e si ascrivono in massima parte alla cultura di Ozieri (prima metà IV millennio a.C.), attestata largamente e alla quale si devono monumenti e manufatti ceramici di eccezionale raffinatezza, benché sia un dato scientifico acquisito che l’origine dell’ipogeismo, in senso lato, affonda chiaramente le sue radici nel Neolitico Medio (la sepoltura in grotticelle artificiali dovette interessare anche la precedente, e meno nota, facies di San Ciriaco – Neolitico Recente).

Sono tombe ipogeiche scavate nella roccia (in sardo domus de janas, letteralmente “case delle fate”), isolate o in piccoli gruppi e, più raramente, come nel caso di Partulesi a Ittireddu, raggruppate in vaste necropoli. Nell’isola se ne contano alcune migliaia (il tradizionale numero di 2000 ipogei è oramai in netta crescita per le nuove e continue acquisizioni) e appaiono più diffuse nella Sardegna settentrionale (esclusa la Gallura) e centrale, anche se non mancano maestosi esempi anche nel sud, in particolare nel Sulcis. In un numero limitato di questi ipogei, vi si riscontrano decorazioni: in 191 esemplari sono state individuate raffigurazioni simboliche dipinte, e/o scolpite, più raramente incise che privilegiano l’espressione figurativa di un animale dotato di corna (bovino nel 96% dei casi e, in misura decisamente minore, solo 4% muflone, ariete o altro animale. Uno degli aspetti di maggiore interesse, variamente attestato, è costituito dalle decorazioni architettoniche interpretate come trasposizione dell’architettura epigeica domestica ovvero imitazione delle capanne.

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